Due recenti fatti di cronaca hanno portato Firenze al centro dell’attenzione nel dibattito sulle adozioni gay. Nell’arco di pochi giorni, infatti, i giudici del Tribunale dei minori di Firenze si sono espressi in favore del riconoscimento in Italia della validità di due adozioni avvenute all’estero, da parte di coppie di genitori dello stesso sesso.

In ambedue i casi si tratta di un’adozione legittimante, senza alcun legame biologico (non stepchild adoption, quindi): da parte di due cittadini italiani residenti da anni nel Regno Unito, nel primo caso;  di un cittadino americano e uno italoamericano residenti negli Stati Uniti nel secondo.

Le due decisioni erano relative alla necessità di effettuare trascrizioni di atti con piena validità nei rispettivi paesi, quindi, innanzitutto, i giudici si sono espressi sulla base di considerazioni tecniche.

È auspicabile, tuttavia, che le decisioni siano state prese tenendo anche conto del bene dei minori coinvolti.

In ambedue i casi, però, i giudici si sono trovati a dover deliberare su una questione spinosa in assenza di norme specifiche, perché la politica sull’argomento non si pronuncia in maniera netta.

È un dato di fatto che negli ultimi anni il contesto sociale, profondamente mutato rispetto al passato, abbia fatto nascere forme alternative di famiglia, che pur differenti dal modello tradizionale, non possono essere considerate meglio o peggio “a prescindere”.

L’amore, le cure e la dedizione, che l’educazione di un bambino richiedono, possono essere date o negate da una famiglia tradizionale come da una alternativa.

Nello specifico, parlando di famiglie con genitori dello stesso sesso, sarebbe auspicabile che la politica stabilisse modalità e limiti delle adozioni e, più in generale, dettasse condizioni e regole per armonizzare le nostre leggi in materia a quelle di altri paesi.

La politica, invece, si mantiene evanescente, forse perché assumere posizioni nette su argomenti così spinosi genererebbe scontento in una parte dell’opinione pubblica e questo fatto, dal punto di vista elettorale, potrebbe far perdere più consensi di quanti ne potrebbe far guadagnare.

Così, nel dubbio, si delega ai giudici il compito di riempire con le sentenze un vuoto normativo.

 

Mi piace definirmi lombardo di origine, fiorentino di adozione. In realtà Firenze se ne è ben guardata dall’adottarmi. Non si è neppure sbilanciata su un affido. In sintesi, quindi, sono un apolide, con un accento da autogrill, che vive a Firenze da circa un quarto di secolo. Delle numerose passioni che coltivo, quella per la musica è il filo conduttore dei miei primi interventi su tuttafirenze, ma il mio ego ipertrofico e la mia proverbiale immodestia mi spingono ad esprimermi su qualunque argomento, con la certezza di riuscire a raggiungere vette non comuni di banalità e pressapochismo. I miei contributi hanno uno scopo ben preciso: rincuorare le altre firme, dando loro la consapevolezza che c’è sempre chi fa peggio.

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8 marzo