
In una settimana segnata da scandali nazionali ed internazionali, il referendum consultivo che si è tenuto in Olanda riguardo all’accordo di associazione tra Unione europea ed Ucraina è passato in secondo piano o quasi.
L’accordo prevede la semplificazione dei commerci tra Kiev e i Paesi dell’Unione europea, attraverso la creazione di una zona di libero scambio globale. Tale intesa è già stata attuata in via provvisoria dal 1 gennaio 2016, tuttavia deve essere ratificato da tutti i parlamenti nazionali, e l’unico al momento a non averlo riconosciuto nel proprio ordinamento è proprio quello dell’Olanda, anche se da tempo il Governo aveva assicurato la ratifica di tale accordo.
Il referendum, promosso dai partiti euro-scettici olandesi i quali hanno raccolto circa 400 mila firme (il minimo erano 300 mila), ha visto la vittoria del no all’accordo tra Ue-Ucraina. Al referendum ha votato no il 61,1%, con il quorum del 30% superato di poco. Infatti, hanno votato il 32,2% degli aventi diritto.
Ad andare alle urne sono stati essenzialmente i simpatizzanti dei partiti euro-scettici, mentre gli altri elettori distanti da tale argomento hanno disertato le urne. I partiti che hanno chiamato a raccolta i cittadini, hanno cavalcato l’idea che attraverso la ratifica di questo trattato l’Olanda sarebbe stata invasa da immigrati ucraini.
In questa campagna elettorale hanno partecipato da una parte i leader ucraini, timorosi di vedersi bloccato un accordo internazionale, mentre dall’altra parte ha visto la partecipazione anche di Nigel Farage, leader dell’Ukip e primo sostenitore dell’uscita della Gran Bretagna dell’Ue.
Anche se l’esito del referendum non dovesse essere tenuto in considerazione dal Governo olandese, dato che la legislazione lo prevede, la risonanza politica potrebbe uscire dai confini nazionali. A pochi mesi dal referendum che si terrà in Gran Bretagna, se si venisse a creare il precedente olandese, quest’ultimo potrebbe creare non pochi problemi ad un’unione sempre più in preda ad una crisi d’identità.