Biciclette, biciclette, biciclette… In questi giorni a Firenze non si parla d’altro. Nel bene e nel male, per gioire o polemizzare, per acclamare o inveire, la bicicletta sembra essere il primo e unico pensiero dei fiorentini. E anch’io non faccio eccezione. E pensando alle biciclette mi viene in mente un artista a cui sono particolarmente affezionata: Umberto Boccioni.
Futurista della prima ora, dal temperamento irruento sia sulla tela, sia nella vita, morto nel 1916 in seguito a una caduta da cavallo. Boccioni nel 1913, nel pieno dell’esperienza futurista, dipinge un quadro che intitola Dinamismo di un ciclista. È un quadro che esprime una vitalità incredibile: il soggetto è totalmente trasfigurato e l’immagine diventa pura forma, pura energia, dove le rotondità contratte dei fasci muscolari non sono più indici referenziali del corpo in movimento, quanto, piuttosto pure espressioni del dinamismo. Boccioni scompone e ricompone gli elementi così da rendere la simultaneità, nell’azione, dei rapporti ciclista-ambiente. In questa operazione si spinge ai limiti dell’astrazione, tanto che il dipinto che osserviamo non rappresenta, come indica il titolo, un ciclista, quanto piuttosto la forza e l’energia dinamica che simboleggia.
Siamo nel 1913 e mi viene in mente che nello stesso anno un altro artista sceglie come soggetto una bicicletta: si tratta di Marcel Duchamp con la sua celeberrima Ruota di bicicletta. Siamo agli antipodi. Un’operazione concettuale sta alla base dell’opera di Duchamp: prendere un oggetto di uso comune e, annullandone la funzione pratica, indurre lo spettatore a considerarlo opera d’arte. Duchamp, con questa azione, mette in discussione la definizione stessa di arte e di creazione artistica. La valutazione critica, infatti, non è più sul “manufatto” o sulla tecnica di esecuzione, quanto sul processo intellettuale e concettuale dell’artista. Al centro dell’arte non è più l’opera, ma l’artista. Piaccia o no, i ready-made di Duchamp sono esposti nei più importanti musei del mondo, quindi, a posteriori, si può dire che l’operazione è perfettamente riuscita.
C’è da dire che se il procedimento concettuale è permeato di ironia e sense of humour allora lo accettiamo più di buon grado e non può che strapparci un sorriso la Testa di toro che Picasso costruisce con il sellino e il manubrio di una bici da corsa. Concludendo qui questa breve e parzialissima panoramica della bicicletta come soggetto artistico, auguro buoni mondiali di ciclismo a tutti!
Le immagini sono state scaricate dal sito http://www.webalice.it/pl.cortesi/Arte&Bici.htm
Per approfondimenti:
su Boccioni http://www.frammentiarte.it/dall’Impressionismo/Boccioni.htm
su Duchamp http://www.marcelduchamp.net
su Picasso http://www.pablopicasso.org