Bionde, perennemente in sandali, microscopiche borse di pelle sulle spalle, felicissime. Sono loro, le americane a Firenze, specie assolutamente non in via di estinzione, e che non fa che offrire spunti sulle varietà umane. A guardarle è impossibile non cedere alla superficiale affermazione del ‘sono tutte uguali’, ma la varietà l’hanno sperimentata negli infiniti modi con cui martorizzano, torturano e mortificano la cucina italiana. Non le hai mai viste tutte, e ogni volta che pensi che non ci possa essere nulla di peggio, loro ti stupiscono. L’ultima novità l’ho sperimentata in un primo pomeriggio in Borgo degli Albizi.
Il sole a Firenze è una cosa favolosa. La città da bella diventa scintillante, e poter pranzare ad un tavolino gustandosi il sole primaverile è il giusto premio di una mattinata passata tra conferenze stampa e wifi. Nel tavolo accanto al mio due americane tipo. La mia ignoranza della lingua inglese mi ha impedito di farmi gli affari loro, ma i miei occhi hanno visto cosa hanno bevuto. Cappuccino e vino rosso, la nuova frontiera dell’aperitivo. Prima un cappuccino ben caldo e poi, subito dopo, un bicchiere di rosso che era già lì ad aspettarle.
Forse siamo noi a sbagliare non osando di più, forse hanno ragione loro a pasteggiare col latte caldo e a rendere tutto uguale, tutto sempre consentito nei loro piatti. Proprio non ci pensano a cosa possa essere meglio o peggio, a come la pasta possa essere può buona o a come gustare il vino rosso. E neanche gli importa. Ma forse hanno ragione loro davvero, ad azzerare i sapori e dare retta solo all’istinto. A Los Angeles se ti metti in coda da Starbucks appena fuori dalla linea retta ti picchiettano sulla spalla per ricordarti come si sta in fila nel mondo giusto, ma quando si tratta si cibo gli va bene tutto. Forse hanno ragione loro a seguire tutte le regole, tranne quelle culinarie. Forse, ma forse no.