Con il termine “coriandolo” si può indicare sia la pianta erbacea dai frutti aromatici usata come spezia da cucina, sia il dischetto di carta colorato che viene lanciato in gran quantità durante il Carnevale. Pur essendo un nome di etimologia incerta, qualcosa di significativo sappiamo sulla storia del coriandolo di carnevale. A fare luce su questo particolare aspetto è il genio fiorentino di questa settimana, Giovanvettorio Soderini (Firenze, 1526-1597) che, sul finire del XVI secolo ci ha lasciato la prima reale testimonianza sull’uso e consumo dei coriandoli nell’opera intitolata Trattato della cultura degli orti e giardini, nella quale si può leggere testualmente:
«Cuopronsi i coriandoli di zucchero per confetti, rompono le ventosità del ventre mangiati dopo pasto, e rendono buon odore e fanno buon fiato masticati in bocca; e verdi le sue foglie nelle mescolanze d’insalata non fanno male».
I semi della pianta di coriandolo, dalle evidenti proprietà benefiche, venivano dunque ricoperti di zucchero e consumati come fossero confetti. Delle vere e proprie pallottole dal gradevole sapore dolciastro che si potevano anche gettare per scherzo addosso alle persone durante le feste di carnevale. Fu così che, con l’andar del tempo i semi di coriandolo furono prima sostituiti da palline di gesso, simili per forma e per colore a quelli commestibili dei tempi più antichi, ed infine da dischetti di carta, che risultavano dalle carte forate per il commercio dei bachi, anch’essi variamente colorati. E buon carnevale a tutti!!!
Per un riferimento bibliografico si veda: Giovanvettorio Soderini, Il trattato della cultura degli orti e giardini, a cura di Alberto Bacchi della Lega, Romagnoli dall’Acqua, Bologna, 1903.