Ho lasciato i 38 gradi del Tropico di Firenze. Quel caldo torrido che ti leva le forze. Ho lasciato tre libri da restituire in biblioteca. E un mezzo trasloco da cominciare. Ho lasciato i giardini deserti delle tre del pomeriggio. La scrivania da riordinare. Ho lasciato il freddo polare dei supermercati, che poi ti viene la bronchite a metà luglio e ti chiedi: “Perché?!”. Ho lasciato la mia chitarra. E i cinema all’aperto – pure se sono anni, ormai, che non ci vado. Ho lasciato i panni stesi in terrazza – non voglio pensare a come li ritroverò! Ho lasciato Sesto, che è casa mia. E sono partita leggera. Sono a Cecina, che è un po’ casa mia anche qui. E un po’ no.
È l’estate. La mia estate.
La musica che entra dalle finestre aperte, la sera. Quell’odore di mare e di pini. La casa dei miei nonni. È l’estate di quando ero bambina: la borsa del mare da preparare, la maschera, le pinne. La spiaggia libera della pineta. Lontani da tutto e da tutti. I tuffi, gli schizzi. Le sfide a racchettoni. Passare un’ora – come fosse un minuto – a non fare nient’altro se non guardare il mare. E l’orizzonte. L’istante in cui ti sdrai al sole. E solo allora ti rendi conto di quanto hai desiderato quel momento. Di quanto è stato lungo l’inverno.
È la mia estate.
Può durare due giorni o due mesi. Non lo so, non credo importi. Ora io la vivo di nuovo. Uguale e diversa. La vivo di nuovo nsieme ai miei bimbi. Un po’ fiorentini in vacanza. E un po’ no.
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