
L’accusatore diventa accusato e viceversa, questo è quello che sta succedendo in Brasile in questi giorni di caos politico. Questo momento sarà ricordato come uno dei più difficili per la precaria democrazia brasiliana, che si presta ad ospitare i giochi olimpici di Rio 2016.
Le accuse contro la Rousseff, messa in stato di impeachment, si basano sulla presunta irregolarità di alcune leggi finanziarie attraverso le quali il suo governo avrebbe coperto buchi di bilancio del 2014. Secondo la diretta interessata, l’impeachment sarebbe stato un atto forzato da un sentimento negativo della popolazione, a causa dei crescenti casi di corruzione che hanno investito il suo partito ma non solo. Questi scandali di corruzione a livello politico si inseriscono all’interno di un’inchiesta molto più ampia, denominata Lava Jato, della magistratura brasiliana, che indaga su uno schema di tangenti trasversale a tutti i partiti con epicentro Petrobas, la compagnia petrolifera nazionale.
Intanto, ha giurato come presidente ad interim il vice-presidente della Roussef, Michel Temer, che per molti osservatori sarebbe stato lui uno dei fautori dell’impeachment mosso contro la presidente. L’ex ministro per l’integrazione nazionale, Ciro Gomes, descrive il nuovo presidente come “il Capitano del golpe”, un’etichetta che i senatori del partito dei lavoratori stanno accettando maggiormente alla luce degli ultimi eventi.
Michel Temer, che può definirsi estraneo agli scandali, tuttavia per decenni è stato ai vertici di un sistema caratterizzato da una corruzione istituzionalizzata, per questo difficile crederlo al di fuori dei sporchi giochi di potere.
Quello che succederà in Brasile è difficile da immaginare, però solo una cosa è certa: il paese resta spaccato in due.