Entro nella sala Vanni, in una Piazza del Carmine al momento adibita a parco giochi natalizio, e per un attimo mi sembra di aver sbagliato posto: il luogo, infatti, evoca un senso di serietà assoluta, ed un religioso silenzio: del resto, essendo stato ricavato dal cortile seicentesco del convento di Santa Maria del Carmine, non può che essere così.
D’accordo, sto per assistere ad un reading di poesie, ma il poeta in questione è Guido Catalano, per sua stessa ammissione considerato un cabarettista dai poeti, e un poeta dai cabarettisti.
E Catalano è esattamente questo azzardato, splendido mix: con quelle sue mani affamate di gesti che non si fermano un secondo, sciorina parole, alternando dichiarazioni d’amore viscerale, a frivolezze che strappano più di una risata.
Un reading di poesie è roba seria: c’è l’enorme rischio di rompersi le palle dopo 5 minuti, diciamoci la verità. Tant’è che, avvicinandosi al posto, con gli amici discutevamo sul fatto che “no, dai, mica leggerà solo poesie…chissà cosa si inventerà!”.
No no, lui legge SOLO poesie. Lui si mette a sedere sulla poltrona anni ’70 (che insieme ad una vecchia macchina da scrivere, è l’unico elemento di una scenografia volutamente scarna), oppure si alza in piedi davanti al microfono, armato solo dei suoi libri, e legge, decanta, recita, con quella r moscia che, mah, alla fine, male nemmeno ci sta, ed è forse un suo marchio di fabbrica che rende le sue poesie, ancora più sue.
C’è l’amore, sopra ad ogni cosa, raccontato con ironia, stupore, meraviglia, quotidianità, sconfitta e malinconia. E la cosa meravigliosa, propria di Catalano, è la parabola che la tua risata fa, mentre lo ascolti. Qualcosa tipo “ahahahahahahahahahaah…….ah.”. Così proprio: lui ti fa ridere, e tu ridi, e poi bang, caccia lì la frase di chiusura della poesia, e ti stende di meraviglia. E allora sì, la splendida, seriosa, religiosa sala Vanni, ci sta.
Riporto la poesia che più delle altre ha fatto ridere il pubblico (età media 35/40 anni), e che chiama in causa addirittura quel popò di cantautore che è il “Cocciantone”…perchè da ieri sera, chi era presente in sala, ogni volta che ascolterà “Margherita” avrà uno strano sorriso sulle labbra…
Fuor di metafora
volevo salir su
su nel cielo su
pigliarti una stella
come diceva il Cocciantone
volevo fare in modo, come diceva il Cocciantone
che tu al risveglio non mi potessi più scordare
cazzo, il Cocciantone
parlava al sole alla luna
faceva un sacco di cose per lei
faceva delle robe pazzesche per lei
colorava i muri
costruiva silenzi
secchiate di vernice dappertutto
svegliava tutti gli amanti
faceva un sacco di robe il Cocciantone
non ho capito perchè svegliava tutti gli amanti
che tra l’altro dormivano gli amanti
ma tutto il resto è grandioso
correva
ballava
gioia, amore
secchi di vernice
fiori
primavera dappertutto
allora mi son detto
beh alcune cose ce la posso fare
altre no
salire su nel cielo e pigliarti una stella
sarebbe grandioso
cioè, io se fossi margherita
se uno mi scrive una canzone così
io sbiello
giuro sbiello
poi non so se margherita esiste
sia mai esistita
ma margherita
tu sei una delle ragazze più fortunate al mondo
spero tu te ne sia resa conto ai tempi di margherita
margherita
una stella è una palla di fuoco e gas, Cocciantone
una stella è una roba spaventosa
praticamente una stella è una bomba atomica perenne
noi la vediamo come un puntolino luminoso tremolante
ma non puoi, non puoi, ti giuro
andare su nel cielo
andare su nel cielo puoi
ma prenderle una stella no
è pericolosissimo
è pericolosissimo
stai pronta
prima sentirai un gran vento
poi vedrai una gran luce
poi ti poserò un gran bacio sulle labbra
infine
saremo nucleosintetizzati in un’ orgia di fuoco atomico
di corpi
di me
dentro
di te