Passata la paura, possiamo parlarne con calma. Con pacatezza e con compostezza.
Bene, sai! Bene bene bene!
Ma la verità è che su quel tap-in vincente di Suarez, quello che ha indirizzato la Coppa dei Campioni sulla via di Barcellona, su quella ribattuta ho avuto per un attimo un’esitazione nella mia felicità da antigobbo. Perché comunque ho sempre detestato anche il Barcellona; perché da quell’estate del ’94, da quella gomitata di Tassotti, ho sempre faticato a vedere Luis Enrique; ma soprattutto, perché ho provato un sincero dispiacere nel vedere un intervento non proprio impeccabile di quello che – sembra incredibile, lo so, ma è così – non posso che definire un’istituzione: Gianluigi Buffon.
Perché non è da tutti saper vincere e saper perdere. Perché quando si vince e si rincuorano sinceramente gli avversari – non interminabili minuti dopo, con quegli applausi di superiorità da “terzo tempo”, nel cordoncino umano che conduce alla premiazione – quando la stima per l’avversario è quasi equivalente alla gioia per il successo, allora è vera sportività. Perché ci vuole coraggio e lucidità nell’analizzare freddamente una sconfitta. Una sconfitta nella partita più importante dell’anno. Riconoscendo i meriti avversari. E Buffon questo è, questo ha saputo fare al di là di un paio di guantoni ben calzati.
Poi ho pensato a Lichtsteiner, al parrucchiere di Vidal, ad Andrea Agnelli; ho pensato a Platini; ho pensato a come si possa solo immaginare di fare una coreografia così brutta come quella realizzata dai tifosi della Juve a Berlino; ho pensato a Tacchinardi e a chi diceva che “vincere non è importante: è l’unica cosa che conta”; ho pensato a quelle urla di Idris al gol di Del Piero in Juve-Fiorentina 3-2, che ancora continuano a rimbombarmi in testa; ho di nuovo pensato a Platini; ho pensato all’entrata di Nedved in una partita di beneficenza; ho pensato a chi inserisce qualsiasi cosa nel calderone di un presunto orgoglio gobbo, dalle tragedie a Calciopoli. Ho pensato a come si possa tifare per una squadra solo perché vince. Sì, però… non vince proprio sempre.
Ah.. e un appunto per Neto: Buffon ha detto che vuole giocare almeno altri tre anni.

“Brutto” non rende l’idea. Fonte della foto: calcionow.it