“Il suo decesso sta violando la condizione 15.4(c) del contratto con PayPal Credit”. La frase, che ben pochi comici avrebbero avuto la fantasia di ipotizzare, è contenuta in una lettera inviata da Paypal ad una cliente scomparsa prematuramente.
La storia è, purtroppo, comune. Una giovane donna, Lindsay Durdle, a 37 anni perde la propria battaglia contro il cancro. Il marito, Howard Durdle, si trova a dover gestire anche gli aspetti pratici della scomparsa della moglie. Diligentemente Howard informa tutti i fornitori dei servizi sottoscritti dalla moglie della sua scomparsa. Tra gli altri c’è anche Paypal, a cui il marito invia la comunicazione corredata da regolare certificato di morte e da copia dei documenti della moglie.
Fino a qui è un copione già noto.
Paypal, però, invia una lettera di risposta alla defunta con l’indicazione di leggere il contenuto con urgenza, perché importante. Il vedovo, nella lettera di risposta, scopre che secondo Paypal la moglie, morendo, ha infranto una norma del contratto. Paypal, che non può certo cedere di fronte a pretestuose argomentazioni come una prematura dipartita, evidenzia la propria volontà di adire alle vie legali se la defunta, che ripetiamo ha il grave torto di essere per l’appunto defunta, non salderà il proprio debito di 3.200 sterline.
Il vedovo, fortunatamente abbastanza forte dal punto di vista psicologico da non crollare di fronte a questa missiva kafkiana, ha provveduto prontamente ad informare la BBC e a dare all’evento la giusta rilevanza.
Paypal, dal canto suo, ha immediatamente cancellato il debito della (ormai ex) cliente e ha provveduto a scusarsi del tono e del contenuto della missiva.
Perché è potuta succedere una cosa simile? Per chi opera nell’ambiente informatico non è certo una sorpresa che possano crearsi situazioni di questo genere. Le comunicazioni (lettere, e-mail, sms) che i clienti ricevono dalle grandi aziende (e non solo) non sono ormai più da decenni scritte da impiegati, ma sono la combinazione di dati del destinatario con uno o più modelli (o porzioni di modelli) predefiniti. Le possibili combinazioni vengono analizzate a tavolino, in funzione delle varie casistiche che si possono verificare, e a livello software vengono implementate in maniera opportuna. Al verificarsi di determinate condizioni, vengono automaticamente compilate e inviate ai clienti le opportune comunicazioni. In un simile processo, è frequente che emergano casistiche non previste o non correttamente gestite. Tali situazioni vengono “sanate” man mano si presentano, apportando le modifiche del caso alle procedure informatiche interessate. Nella stragrande maggioranza dei casi, per fortuna, le conseguenze di queste lacune di analisi non sono eclatanti e non hanno la rilevanza di questa lettera.
L’elevato volume di comunicazioni in uscita rende impossibile effettuare un controllo di qualità tramite un operatore, quindi possono verificarsi casi apparentemente assurdi come quello sopra descritto.
Ciò che si potrebbe obiettare, caso mai, è che una combinazione di condizioni come quella verificatasi poteva (doveva?) essere prevista e adeguatamente gestita, testata e implementata.
C’è anche da considerare, però, che spesso le modifiche alle procedure informatiche in essere, soprattutto al crescere della complessità delle medesime, possano avere effetti collaterali su aspetti già ampiamente testati e verificati. Nulla di più probabile, quindi, che il caso in esame fosse previsto e gestito, ma che una modifica ad altri ambiti abbia causato questa sgradevole conseguenza.
Qualunque sia la spiegazione tecnica, comunque, innumerevoli analisti e programmatori di piccole software house, leggendo la notizia, hanno intimamente goduto della figuraccia di Paypal: anche le grandi aziende supertecnologiche, che vengono sempre prese ad esempio di qualità di servizio, commettono gli stessi errori dei piccoli artigiani dell’informatica.
Una sorta di giustizia divina informatica.