Sabato 18 marzo si è disputata la 108a edizione della Milano – Sanremo. C’è poco da fare. Per i vecchi appassionati di ciclismo, la stagione inizia con la classicissima italiana, e non in qualche deserto luccicante di sole e petroldollari.
Ha vinto il polacco Kwiatowski, campione del mondo nel 2014, battendo allo sprint lo sloveno Peter Sagan, campione del mondo 2015 e 2016, e il giovane francese Alaphilippe, che forse campione del mondo lo diventerà.
Un podio extralusso, come accade spesso alla Sanremo. Una corsa che sembra facile, e invece non lo è affatto. Spesso l’hanno vinta i migliori: Girardengo(6), Binda (2), Bartali (4), Coppi (3), Van Stenberghen, Van Looy, Mercks (7), De Vlaemink (2), Gimondi, Moser, Saronni, Zabel (4).
Come le corse importanti, la Sanremo ti rimane in testa , anche a distanza di anni.
Il mio ricordo è legato soprattutto a due edizioni: quella vinta da Moser nel 1984 e quella vinta da Dancelli nel 1970.
Moser veniva dal record dell’ora del Messico e avrebbe vinto quell’anno il Giro d’Italia entrando trionfatore all’Arena di Verona. Una goduria per noi moseriani. Francescone nostro calò giù dal Poggio a mille all’ora e nessuno lo prese più. La Gazzetta dello Sport – gelosamente conservata – titolava anagrammando: Moser = S. Remo. Geniale.
Ma il ricordo più emozionante e vivo è quello più lontano, come spesso capita: 1970, vittoria di Michelino Dancelli, dopo 16 – dico 16 – vittorie consecutive di francesi, belgi, spagnoli, olandesi, inglesi e anche tedeschi! Un’onta nazionale da cancellare, e lui lo fece. Era il 19 marzo, S. Giuseppe festa nazionale. In Mugello allora – e ancora – in quei giorni dai forni uscivano frittelle e ciambelle biscottate, rosse di alkermes e dolci di zucchero.Dentro la Tv, Michelino piangeva storiche lacrime in bianco e nero. Nei bar, nei circoli e nelle case si festeggiò. E anch’io festeggiai: Dancelli, San Giuseppe, l’alkermes e le frittelle.
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