L’Italia, si sa, è il regno delle norme e delle imposte retroattive. Una volta che si trova un possibile nuovo modo per spremere i contribuenti, non c’è nulla di meglio che applicarlo anche agli anni precedenti. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, è la risoluzione 79 dell’Agenzia delle Entrate, che lo scorso 2 settembre ha recepito la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 14 marzo di quest’anno, che nega che l’insegnamento delle autoscuole possa essere equiparato a quello delle scuole o delle università e che di conseguenza nega anche che possa essere esentato dall’IVA. Con tale sentenza si obbliga l’Italia ad introdurre l’IVA per tutto ciò che concerne corsi ed esami per il conseguimento della licenza di guida.
L’Agenzia delle Entrate ha colto la palla al balzo e ha deciso di introdurre la norma con una retroattività di cinque anni. In sostanza le autoscuole dovranno versare al Fisco l’IVA sugli importi che hanno incassato negli ultimi cinque anni senza IVA (e non certo per una loro mancanza).
Il prezzo stabilito per i servizi forniti ed incassato nel corso dei cinque anni ben difficilmente può essere ritrattato a posteriori. È poco realistico che le autoscuole vadano da coloro che hanno conseguito la patente nell’ultimo quinquennio, pretendendo che venga versato il 22%, di quanto pagato a suo tempo, a titolo di conguaglio per sopraggiunte variazioni nell’esenzione dell’IVA.
Ma non è un problema dell’Agenzia delle Entrate, che si limita a chiedere cinque anni di arretrati.
Il provvedimento ha un significativo impatto anche su chi sta conseguendo la patente in questo periodo, che si trova a dover pagare importi maggiorati del 22% rispetto a quanto preventivato. Tutto sommato, però, questo aumento degli importi ha fiscalmente un senso perché è conseguenza dell’entrata in vigore di una nuova imposta che prima non c’era.
L’assurdità è la retroattività, che ricade di fatto solo ed esclusivamente sulle finanze delle autoscuole. Una richiesta di tale genere è sufficiente a mettere in ginocchio ben più di un’attività.
Facendo le debite proporzioni, immaginiamo cosa succederebbe se il Fisco chiedesse ai singoli lavoratori (dipendenti e professionisti) di versare oggi una tassa extra del 22% sui redditi percepiti negli scorsi cinque anni.
C’è da credere che la maggior parte dei lavoratori non sarebbe in grado di far fronte ad una simile richiesta.
C’è anche da credere, purtroppo, che diverse autoscuole non saranno in grado di far fronte ad una simile richiesta.