L’azienda è la Greif Italia Spa di Melzo, il dipendente è Lahbib Oussmou, l’anzianità di servizio è di oltre trent’anni. Questi sono alcuni degli elementi che caratterizzano una triste vicenda di cui si sta parlando parecchio in questi giorni: una lettera di licenziamento che un’azienda ha inviato ad un sessantunenne lavoratore (invalido) per comunicargli che nel suo ruolo è stato sostituito da una macchina.

Dai tempi della Rivoluzione Industriale si è assistito alla sostituzione di operai con macchinari. Più che mai nei prossimi anni si assisterà al un “turnover robotico” che interesserà lavoratori di numerose categorie. Quello che però non dovrebbe accadere è che l’evoluzione avvenga senza adeguata attenzione alle modalità dell’avvicendamento. Il processo di sostituzione di un lavoratore con una macchina non dovrebbe lasciare sul terreno vittime, ma dovrebbe avvenire in maniera meno traumatica.

Uno degli aspetti che più colpisce di questa vicenda è il tono della lettera di «licenziamento per giustificato motivo oggettivo con esonero dal preavviso»: «La nostra società, in seguito ad una riorganizzazione aziendale e ottimizzazione dei processi produttivi, in data 23 febbraio 2018 ha installato una macchina, denominata Paint Cap Applicator, che svolge in automatico il medesimo lavoro sino ad oggi da Lei svolto. È stata così soppressa la Sua posizione lavorativa. [omissis] Abbiamo valutato la possibilità di assegnarLe altre mansioni, anche di livello inferiore, riconducibili alla Sua professionalità e comunque a Lei utilmente affidabili. Purtroppo non è stata reperita alcuna posizione lavorativa vacante, essendo tutti i posti già occupati da altri dipendenti».

Una lettera asettica, scritta nel freddo linguaggio “aziendale”, caratterizzata da una (speriamo) involontaria contraddizione tra il rispettoso formalismo delle maiuscole e la tutt’altro che rispettosa modalità di licenziamento di un operaio che ha dedicato la sua vita professionale ad un’azienda che lo lascia a casa senza lavoro a quattro anni dalla pensione.

Il dubbio che sorge spontaneo leggendo la lettera è che nell’azienda il Responsabile del Personale sia già stato a sua volta sostituito da una macchina.

Mi piace definirmi lombardo di origine, fiorentino di adozione. In realtà Firenze se ne è ben guardata dall’adottarmi. Non si è neppure sbilanciata su un affido. In sintesi, quindi, sono un apolide, con un accento da autogrill, che vive a Firenze da circa un quarto di secolo. Delle numerose passioni che coltivo, quella per la musica è il filo conduttore dei miei primi interventi su tuttafirenze, ma il mio ego ipertrofico e la mia proverbiale immodestia mi spingono ad esprimermi su qualunque argomento, con la certezza di riuscire a raggiungere vette non comuni di banalità e pressapochismo. I miei contributi hanno uno scopo ben preciso: rincuorare le altre firme, dando loro la consapevolezza che c’è sempre chi fa peggio.