Avete presente l’Italia del 1451?
Sì, proprio in quell’anno, durante un torneo organizzato in onore di Francesco Sforza, da poco duca di Milano, Federico da Montefeltro grande condottiero e mecenate, perse l’occhio destro in un combattimento leale contro l’urbinate Guidangelo de’ Ranieri, già noto ne’ tornei e che avea pur vinto un premio a Firenze.
Insomma, vi pare ch’io non sia piombato nel bel mezzo del torneo alla seconda carica?
Che devo dirvi? Mica è colpa mia! Uscii dal worm-hole come un missile e mi ritrovai a materializzarmi faccia a faccia proprio sulla sella del famoso condottiero, tal Federico da Montefeltro, che reggeva la lancia con forza e maestria! Solo che mi materializzai parzialmente e pure rivolto verso di lui, a rovescio, sul cavallo.
Le interferenze nel continuum spazio-tempo mi salvarono la vita: la lancia di Guidangelo attraversò il mio corpo invisibile senza ferirlo, scivolò sull’armatura del Conte ed entrò nella visiera dell’elmo tranciando il setto nasale e l’occhio del povero Federico. L’urlo della folla spaventò ‘si tanto il cavallo che, imbizzarritosi, si erse sulle zampe posteriori così ch’io caddi addosso al Conte, fondendomi parzialmente con lui, all’altezza del viso.
Quando gli tolsero l’armatura e l’elmo, i presenti urlaron ancor più forte per l’orrore, non per l’occhio avulso ma per lo mio volto, compresa la barba, sovrapposto al suo. Nessuno però mi vide, io rimasi in uno stato semimateriale per tutto il tempo.
Non potevo allontanarmi da lui senza rischiare di perdere letteralmente la faccia e perciò lo seguii nelle sue cose per giorni e mesi e anni, come un fantasma.
Fu qualche tempo dopo ch’egli, accostandosi alla consorte per baciarla, generò un’asimmetria quantistica e l’oscillazione del continuum esplose in una fiammata! Parte del mio volto impresso su quello del Conte si trasferì a quello della seconda moglie, tal Battista Sforza, con esiti terrificati (vedi il duplice ritratto).
E fu così che nel 1472 il pittore di San Sepolcro, tale Piero della Francesca, senza risparmiare le verruche che ‘l Conte aveva nel viso, lo dipinse così com’era, insieme alla di sua consorte, l’uno in faccia all’altra.
Vi narro questo per dirvi ciò che accadde, in mia discolpa. Non fu l’urto dello mio viso sul suo a ridurlo in cotal modo! Fu la lancia!
Quanto il ritratto fu terminato, un vortice di particelle mi strappò di lì e mi ricondusse nel tunnel di Eintein-Rosen, e ancora l’attraverso.
