Il 13 gennaio scorso l’Europarlamento ha approvato la relazione della commissione giuridica per regolamentare le attività gestite da robot.

Può sembrare fantascienza, ma se si pensa alle applicazioni della robotica nella vita quotidiana, ci si rende conto che l’argomento è di grande attualità.

Tra pochi anni la guida veicolare autonoma, ad esempio, sarà una realtà, con la conseguente necessità di norme che permettano l’individuazione delle responsabilità in caso, ad esempio, di incidenti con danni a persone e/o cose.

Nel frattempo c’è chi si è già spinto oltre, proponendo addirittura di tassare i robot (fermo restando che bisognerebbe anche definire cosa è considerabile “robot”). La proposta è arrivata nientemeno che da Bill Gates, che alla conferenza sulla sicurezza a Monaco ha fatto notare come un robot, che sostituisca un operaio/impiegato, sottragga allo stato la quota di imposte sul reddito che avrebbe percepito il soggetto umano. È curioso (ipocrita?) che tale proposta di tassazione arrivi da qualcuno che ha ottenuto un enorme successo proprio grazie alla tecnologia che ha sostituito il lavoro umano: se Microsoft e le aziende partner produttrici di computer fossero state tassate secondo questo principio, l’evoluzione informatica di questi ultimi decenni sarebbe stata drasticamente rallentata.

Milena Gabanelli, dalle pagine del «Corriere della Sera», osserva che l’impiego di robot per sostituire attività umane comporterà, ragionevolmente, una diminuzione dei costi per le aziende, ma un aumento degli utili (tassati) e una diminuzione dei prezzi finali dei prodotti/servizi, con benefici per la collettività. In sintesi suggerisce l’opportunità di tassare la ricchezza e non la tecnologia per produrla.

È presto per dire se si stia profilando una situazione analoga a quella della rivoluzione industriale dei primi dell’ottocento, ma è antistorico porre freni all’evoluzione.

Sicuramente sarà necessario affrontare in maniera adeguata le numerose implicazioni sociali, culturali ed etiche legate all’uso dei robot per attività “umane”, ma l’evoluzione deve essere incentivata, non frenata.

 

 

Mi piace definirmi lombardo di origine, fiorentino di adozione. In realtà Firenze se ne è ben guardata dall’adottarmi. Non si è neppure sbilanciata su un affido. In sintesi, quindi, sono un apolide, con un accento da autogrill, che vive a Firenze da circa un quarto di secolo. Delle numerose passioni che coltivo, quella per la musica è il filo conduttore dei miei primi interventi su tuttafirenze, ma il mio ego ipertrofico e la mia proverbiale immodestia mi spingono ad esprimermi su qualunque argomento, con la certezza di riuscire a raggiungere vette non comuni di banalità e pressapochismo. I miei contributi hanno uno scopo ben preciso: rincuorare le altre firme, dando loro la consapevolezza che c’è sempre chi fa peggio.