
Nel giro di pochi giorni, la situazione in Siria sembra aver preso una svolta considerevole. Dopo la richiesta di aiuto da parte della Siria a Mosca e l’approvazione del Parlamento russo dei primi raid arei nel territorio siriano, l’azione guidata dal Cremlino non si è fatta attendere. Infatti, nei giorni scorsi l’aviazione russa ha iniziato a colpire postazioni dell’ISIS, mentre l’intelligence americana ha denunciato come questi raid sono stati diretti anche contro obiettivi non militari, ma politici, utili solo per far riemergere la famiglia Assad.
La Russia, a differenze di quanto è accaduto in Ucraina, dove è avvenuta una netta violazione del diritto internazionale, nel caso siriano si è attenuta a questo, in quanto ha ricevuto dallo stesso Bashar al Assad una richiesta di intervento sul suo territorio per attaccare l’ISIS e tutte quelle fazioni di ribelli, sostenuti già da tempo da nazioni esterne.
Dopo anni di apparente disinteresse verso la Siria, l’intervento russo rappresenta una svolta. Il mondo occidentale guidato dagli Stati Uniti fino a questo momento ha sostenuto i ribelli nella conquista del potere, ma ad oggi questa tattica si è rivelata fallimentare, diventa dunque indispensabile l’elaborazione di una nuova strategia diplomatica e di un nuovo modus operandi.
Arrivati a questo punto del conflitto, con uno Stato siriano inesistente, in ballo non vi è più un negoziato tra Assad ed i ribelli, la pace ora passa attraverso un accordo tra Stati Uniti e Russia. Se questo non sarà trovato, si rischia un conflitto perenne e a pagare il conto non sarà solo il popolo siriano ma anche la stabilità dell’intero bacino del Mediterraneo. Il tutto con il rischio di un acutizzarsi del perenne conflitto tra Stati Uniti e Russia, una minaccia che ha sempre un sapore internazionale.