È stata emozione allo stato puro: le immagini, i suoni, i colori. Sdraiati sul pavimento di quella vecchia chiesa con il naso all’insù. Appoggiati l’uno all’altro. A bocca aperta. Immersi, letteralmente, nei suoi dipinti.
“Siamo a casa di Vincent, vero mamma?”.
“In effet…”.
“No, questa è una mostra”.
“Uffi, ma io lo avevo chiesto a mammaaaa”.
“Questa era una chiesa ma in effetti, tutta piena così dei suoi quadri… Casa di Van Ghog (http://www.vangoghalive.it/) doveva essere un po’ così: piena piena piena dei suoi quadri”.
Quel Vincent che dipingeva perché ne aveva bisogno, che dipingeva senza preoccuparsi del giudizio altrui. Quel Vincent innamorato di suo fratello Theo. Quel Vincent che ha completamente rapito i miei bimbi.
“Mamma, guarda i mulini a vento!!!!”.
“La luna, guarda!!”.
“E tutt’i granooooo”.
E io non credo che una mostra tradizionale avrebbe avuto lo stesso effetto. Innamorati, tutti e cinque, delle fragilità e delle profondità di quest’uomo. E mentre torniamo verso la stazione, sotto la pioggia di sabato mattina, con due ombrelli in cinque, mi fermo in libreria.
“Sto cercando un fumetto per ragazzi. Si intitola “Vincent”, ma non ricordo l’autore”. Un fumetto sulla storia di Van Ghog: sulla sua vita, le fragilità, la malattia. Il suo bisogno di dipingere. Lo avevo letto qualche mese fa pensando che sarebbe stato troppo per loro tre. E invece… E invece poi ho cambiato idea. Ed è diventato il nostro libro della Buonanotte. Pagina dopo pagina, sera dopo sera. Vincent!

La foto è di Leonardo Calistri