Secondo certi romanzi di fantascienza degli anni ’60/’70, oggi avremmo dovuto fare quotidiani viaggi interstellari ed essere super intelligenti. Vi do una notizia: niente viaggi interstellare low-cost e, soprattutto, ninete super intelligenza. Nonostante tutti i nostri tablet e smartphone, per molti e non trascurabili aspetti siamo più o meno ancora con la clava in mano e ancora un po’ troppa segatura nella zucca (e neanche simpatici come gli “Antenati”). Di secoli e cultura ne sono passati un bel po’, ma invano, pare.
Mille gli esempi citabili, e in vari campi. Ve ne staranno venendo in mente chissà quanti. Ve ne propongo uno, preso dal mondo dello sport, il caso della nuotatrice nera (statunitense del Texas), Simone Manuel, vincitrice della medaglia d’oro nei 100 metri stile libero, oltreché nella staffetta 4X100 misti, alla recenti olimpiadi di Rio.
Le sono bastati 52.70 secondi (il suo tempo di gara) per far parlare di sé, ben al di là del risultato sportivo. Infatti nel 2016 a qualcuno fa ancora effetto vedere un’atleta dalla pelle nera nuotare più veloce di tutte. E che effetto!
Sbalordito e probabilmente angosciato dall’avvenimento, un anonimo giornalista del californiano “Saint José Mercury News” ha così titolato la notizia: “Michael Phelps shares historic night with african-american” (Michael Phelps condivide una notte storica con un’afro – americana) Nascondendo l’impresa della ragazza, ignorando il suo nome, con un razzismo e un sessismo inequivocabili.
Miliardi di critiche (e ci mancherebbe) e titolo cambiato: “Simone Manuel di Stanford condivide una notte storica con Michael Phelps”.
Questa vicenda è solo l’ iceberg di un’ America profonda, verrebbe da dire di un mondo profondo, che esiste e si manifesta, a volte in maniera clamorosa, a volte in maniera più soft, ma che c’è e puntualmente ritorna.
Cavernicoli, appunto, nel buio delle nostre caverne e dei nostri cervelli. Siamo ancora in molti o in pochi a brandire nodose clave e a grugnire confusi concetti? Sicuramente in troppi.
La ragazza, Simone, ha subito capito di averla fatta grossa, è sveglia e sa in che mondo vive.
In quei giorni ha dichiarato che a lei piacerebbe essere considerata soltanto una brava nuotatrice, una di talento, e non “la nuotatrice nera”. Però ha aggiunto di essere ben cosciente del valore simbolico di questa sua affermazione sportiva: prima donna nera a vincere una medaglia d’oro individuale in piscina. E a tutti i neri come lei ha dedicato questo successo. Che è stata il primo e probabilmente non sarà l’ultimo. Si rassegnino i cavernicoli.
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